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martedì 22 gennaio 2013

E' che non siamo mai pronti

E' stato un giorno triste, ieri.
La mattina è iniziata con il funerale di una persona che in realtà non conoscevo, ma che ha fatto parte della vita di una persona che conosco benissimo: uno dei miei ultimi datori di lavoro.

Ho la fortuna di essere rimasta seriamente e piacevolmente in contatto con la maggior parte dei miei "capi". Quando stai tante ore nello stesso posto, mangi nello stesso piatto, sudi sulle stesse carte, ti scervelli sugli stessi progetti, anche se te ne vai, non chiudi i rapporti. Almeno, questo è ciò che è successo a me.

Comunque, il fatto di vederlo provato, lacerato, perso, sofferente mi ha fatto malissimo. Sono rimasta sconvolta per tutta la giornata ed ogni ora affioravano dentro di me nuovi pensieri.
C'è che io considero "normale" avere 35 anni ed avere i miei due genitori fighi, gagliardi, giovani ed IN SALUTE accanto. Invece è un lusso, una pietra preziosa e scintillante della cui  brillantezza non mi rendo mai bene conto.
C'è che mi sentirei comunque "piccola" e non all'altezza di una perdita così importante, non la saprei gestire, non potrei immaginare i suoi risvolti sulla mia anima. Invece ci sono ragazzini che a 8 anni hanno perso il padre e che ieri salutavano il nonno, tra lacrime e singhiozzi che mi rimbombano nella testa e nel cuore.
C'è che, comunque la mettiamo, non siamo mai pronti a perderli, i genitori. Anche se in vita sono stati assenti, o lontani anni luce dal nostro modo di pensare, o rigidi al parossismo, o esattamente all'opposto di come li avremmo voluti, sono le persone che ci hanno messo al mondo e, quando se ne vanno, ci lasciano senza una parte di identità. Ci sentiamo depredati di qualcosa di NOSTRO.
Anche se di anni ne abbiamo 5 o 70 è sempre un colpo durissimo, un limite che non vorremo mai oltrepassare, una prova che non bramiamo di superare, una tappa della vita che non ci vorremo porre. Eppure c'è. 
E forse ci sarà davvero un senso a tutto questo. Non solo al dolore, ma alla vita in sè che il dolore lo comprende e lo supera, lo avvolge e lo rigetta.
Allora, mi tornano sempre in mente quelle parole che lessi nel bellissimo libro della Tobagi. Sono prese dalla Bibbia e mai come ora mi verrebbe di tatuarle sulla pelle, giusto per non dimenticarle mai:

"Più tenace della paura, 
più profonda del tuo dolore,
 nel silenzio dell'essere, 
la vita CANTA". 




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