Non sempre ne vale la pena.
Non sempre c'è un vero motivo.
Per tornare, ricominciare, riprovarci.
Me lo sono chiesta spesso, in questo lungo periodo, se lo avrei fatto, come e perchè.
Non ho trovato risposte.
Non le trovo nemmeno ora che sono qui, ora che le dita hanno ripreso a battere e a produrre quel suono che tanto mi piace e che mi ha fatto compagnia per lungo tempo.
Ho incontrato il Dolore.
Quello vero, forse l'unico.
Quello che spaventa, fa piangere, disperarsi.
Ho provato a schivarlo come quegli sciatori con le bandierine, ho provato -ancora una volta- a correre più forte e a lasciarlo indietro, ma non si può.
Perchè il dolore è qualcosa che sfugge all'essere subdolo e si palesa.
E' questo che ti frega. Il pensare che il vederlo, il riconoscerlo sia la tua arma per sconfiggerlo, invece è lui a soffocarti.
Ti abbraccia.
E non di rado mi sono chiesta se sia proprio questo stringerti il motivo che spinga molti a trovarci un rifugio, un nido caldo, una scusa valida per giustificare ogni nostra mancanza, ogni passo incerto, ogni paura travestita da noia.
Ma se è vero che tutto ha un prezzo, anche il dolore sa presentarti il suo conto; è fatto di una sofferenza lenta, inaccessibile che - se non fosse per gli occhi più incavati, il colorito più pallido e le ossa più sporgenti- suonerebbe anche scontata.
E' fatto dell'assenza di stimoli, di scommesse.
Di pazzia.
Era luglio quando, dopo un anno e mezzo di lotte e perdite, sono scivolata in un pozzo.
Dentro c'era tutto quello che avevo finto di non vedere in questi quindici anni.
La spensieratezza che non ho più provato e che ha fatto posto a qualcosa di vero, ma atroce.
L'incapacità, non dico di saperci nuotare, ma galleggiare.
I sogni infranti o, forse, troppo piccoli non tanto per le aspettative in se' misurate, ma per il terrore di desiderare qualcosa di grande. Qualcosa che, non si sa perchè, senti che non saresti in grado di inseguire, figuriamo raggiungere e tenere tra le mani, addirittura mostrare e condividere, poi...
E quell'angoscia di aver sbagliato tutto, sempre.
Di avere perso per aver compreso troppo tardi e forse neanche fino in fondo.
Mi sono domandata se tenere questo piccolo spazio avesse ancora un senso, per me soprattutto.
Per molti mesi non lo ha avuto, ma poi qualcosa si è mosso.
Tanti la chiamerebbero voglia, istinto, passione.
Io la chiamo vita.
E spero di poter vivere. Ancora una volta.